Antica colonia greca in Sicilia, Messina era un tempo denominata Zancle. Successivamente venne ribattezzata Messana, a partire dalla conquista romana in seguito alla Prima Guerra Punica. Dopo la caduta del Sacro Romano Impero, l’egemonia bizantina la ribattezzò Messina.
La città, che nel corso dei secoli fu teatro di numerose ed importanti vicende storiche, come la rivolta antispagnola del 1673 (durante la quale perse la propria autonomia) e l’insurrezione siciliana del 1848, oltre a una terribile calamità naturale che si verificò nel 1908 e che portò morte, dolore e distruzione. Il terremoto del 28 dicembre 1908 colpì Messina alle ore 05:21 e nel giro di 37 secondi portò alla distruzione dell’intero centro abitato. Ricostruito nel corso degli anni successivi, il centro storico di Messina è tornato a un nuovo splendore.
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La città divenne culla di arti e culture, nonché crogiolo di razze, tradizioni e religioni. Popoli di diverse etnie e provenienze trovarono una nuova dimora o un sicuro luogo di approdo a Messina, regalando alla città una straordinaria commistione di culture. Le singole identità convivevano senza conflitti o rivalità, anzi si mescolavano arricchendo la vita culturale, le arti, le tradizioni e persino la gastronomia messinese. Oggi vanta numerose costruzioni e luoghi dal notevole interesse turistico-culturale, tra cui:
Duomo di Messina
Il Duomo di Messina è stato costruito in epoca normanna. Di recente è stato restaurato ed ora si presenta in tutto il suo splendore. All'interno sono conservati affreschi preziosi e quadri altrettanto importanti, ma quello che rende il Duomo di Messina amato dai visitatori sono i complicati ingranaggi dell'orologio astronomico della torre campanaria, che ogni giorno allo scoccare del mezzogiorno danno vita all'animazione di figure scultoree che cantano scene bibliche ed episodi storici della città. Al primo piano le statue rappresentano le fasi principali della vita: infanzia, giovinezza, maturità e vecchiaia, mentre la morte si cela tra di esse. Tutto il complesso si muove ogni quarto d’ora. Più sotto i giorni della settimana sono rappresentati da sette divinità greche alla guida di un carro trainato dagli animali. Al secondo piano invece sono riprodotte le fasi più importanti delle vicende di Cristo: la Nascita, la Pasqua e la Pentecoste. Al terzo piano c'è il gallo ruspante, simbolo della rinascita di Messina.
Ai suoi lati ci sono le statue di Dina e Clarenza, valorose cittadine messinesi che si sono distinte durante i Vespri Siciliani del 1282 contro gli Angioini. Al quarto piano c'è il Leone che stringe tra le sue zampe la bandiera di Messina che sventola tre volte al giorno e a mezzogiorno celebra la caparbietà della sua gente con un poderoso ruggito.
Il Museo Regionale di Messina
La fondazione del Museo Regionale risale al lontano 1806. Con la denominazione di Museo Civico si ebbe la prima esposizione a Messina di opere d'arte con una disposizione di tipo museale, l'antico Monastero di San Gregorio ne fu la suggestiva sede. Dopo il terribile sisma, venne sistemato in una ex filanda posta nella spianata di S. Salvatore dei Greci all'inizio della Litoranea che conduce ai Laghi di Ganzirri. Il Museo illustra l’arte figurativa messinese dal secolo XII al XVIII. Le collezioni di dipinti e sculture, oggetti d’arte e manufatti decorativi sono ordinate secondo un criterio cronologico e comprendono opere di autori prestigiosi come Antonello da Messina, Mattia Preti, Caravaggio, Girolamo Alibrandi, Vincenzo Catena, Annibale Carracci, Francesco Laurana e molti altri. Del prezioso tesoro proveniente dalla Cattedrale di Messina, sono esposti i gioielli delle Due corone di sacra immagine, opera di oreficeria siciliana dell’inizio del XIV e del XVII secolo. Una parte della collezione si snoda dal Manierismo alla svolta caravaggesca. Iniziando dalle statue di Antonello Gagini, la perfetta armonia del Rinascimento scultoreo si evolve verso il Manierismo attraverso le opere in pittura di Polidoro Caldara da Caravaggio e della sua scuola, da Stefano Giordano a Mariano Riccio, per poi attraversare la suggestiva piazza manierista, con le opere scultoree di Giovan Angelo Montorsoli e dei suoi epigoni, Rinaldo Bonanno primo fra tutti.
Uno spaccato dell’evoluzione figurativa a Messina nell’epoca controriformistica è offerto dalle tavole maestose di Deodato Guinaccia, Antonio Catalano l’Antico, Giovan Simone Comandè. Esse conducono in modo stupefacente alla rivoluzione concretizzata da Caravaggio con la Resurrezione di Lazzaro e l’Adorazione dei pastori. Questa fu la rivoluzione che ha modificato l’approccio all’arte a livello nazionale e che è testimoniata a Messina dall’attività di Alonzo Rodriguez, Mario Minniti, Francesco Paladini.
Chiesa Santissima Annunziata dei Catalani
Uno dei monumenti più interessanti di Messina, la chiesa dei Catalani, elabora uno schema estetico dove convergono stili diversi, fusi tra loro in un pregevole intreccio architettonico. È una basilica a croce latina con tre navate, la più grande al centro, che si trovano innestate su un transetto preceduto da archi. Sul transetto vi è la cupola. L’abside centrale è arricchita da colonne sovrapposte, quelle laterali sono incastonate nei muri. I motivi stilistici e le soluzioni architettoniche spingono la critica più autorevole a collocare l’edificazione dell’opera nel periodo tra la fine del XII secolo e l’inizio del XIII. Le prime notizie sul monumento si fermano al 1271, quando esso ospitò la comunità dei Domenicani. La sua prima denominazione era “Santa Maria di Castellammare”, per la vicinanza all’antica fortezza di Castellammare, divenuta poi “dei Catalani” durante il periodo aragonese (XIV-XV secolo) nel momento in cui venne ceduta alla confraternita dei Catalani. La chiesa divenne cappella reale e fu sottoposta alla giurisdizione regia durante il periodo aragonese, quando, sembra, vennero dimezzate le navate e fu costruita una nuova facciata; nello stesso periodo la chiesa fu annessa all’Ospizio dei Trovatelli.
Dopo alcune fasi alterne, nel 1621 si effettuano i primi restauri, accompagnati però da un contesto urbano che soffocava lentamente la chiesa. La chiesa è situata ad un livello inferiore rispetto a quello stradale attuale. Ciò è avvenuto a causa delle stratificazioni dei materiali accumulatisi dopo le devastazioni del sisma del 1908.
Fontana di Orione
La Fontana di Orione, legata al mito di fondazione della città, è una grande fontana al centro della piazza del Duomo. Fu realizzata per celebrare la costruzione del primo acquedotto cittadino nel '500 da Giovanni Angelo Montorsoli, allievo di Michelangelo, nel 1553 ed eseguita in collaborazione con Domenico Vanello.
“La più bella fontana del Cinquecento europeo”, è stata definita dallo storico d'arte Bernard Berenson, ed infatti è un'opera di una bellezza non comune, di grande significato e di forte impatto emozionale. Fu voluta dal Senato messinese nel 1547 a scopo celebrativo, con l'idea di fissare nella memoria la realizzazione del primo acquedotto cittadino che sfruttava convogliando le acque dei torrenti Camaro e Bordonaro, iniziato nel 1530 ed ultimato nel 1547 su progetto dell'architetto taorminese Francesco La Cameola. L'opera fu talmente apprezzata che il Senato messinese decise di commissionare allo scultore una seconda fontana, oggi conosciuta come fontana del Nettuno.
Fontana del Nettuno
La Fontana di Orione, legata al mito di fondazione della città, è una grande fontana al centro della piazza del Duomo. Fu realizzata per celebrare la costruzione del primo acquedotto cittadino nel '500 da Giovanni Angelo Montorsoli, allievo di Michelangelo, nel 1553 ed eseguita in collaborazione con Domenico Vanello.
“La più bella fontana del Cinquecento europeo”, è stata definita dallo storico d'arte Bernard Berenson, ed infatti è un'opera di una bellezza non comune, di grande significato e di forte impatto emozionale. Fu voluta dal Senato messinese nel 1547 a scopo celebrativo, con l'idea di fissare nella memoria la realizzazione del primo acquedotto cittadino che sfruttava convogliando le acque dei torrenti Camaro e Bordonaro, iniziato nel 1530 ed ultimato nel 1547 su progetto dell'architetto taorminese Francesco La Cameola. L'opera fu talmente apprezzata che il Senato messinese decise di commissionare allo scultore una seconda fontana, oggi conosciuta come fontana del Nettuno.
Sacrario di Cristo Re
Chiunque si sia trovato ad attraversare lo Stretto e abbia rivolto uno sguardo verso la sponda messinese, non avrà potuto fare a meno di notare la grande cupola che si erge dal centro della città e che rimane particolarmente impressa grazie alla sua maestosità. Il tempio sorge proprio sul luogo in cui si trovava l’antico castello di Rocca Guelfonia o Matagriffone, nei primi anni del XII secolo. È stato realizzato nel 1937 dall’Ingegnere Francesco Barbaro, come sepolcro monumentale dei Caduti. Il Sacrario, a pianta centrica, è costituito da una cupola segnata da 8 costoloni alla base dei quali, sulla cornice, sono collocate delle statue bronzee modellate dallo scultore romano Teofilo Raggio e fuse dalla Fonderia Artistica fiorentina, raffiguranti le virtù cardinali e teologali. La Statua di Cristo Re, sulla scalinata d’ingresso, è stata realizzata dallo scultore Tore Edmondo Calabrò. All’interno il Tempio è composto dalla Chiesa Inferiore e Superiore. Nella prima sono custoditi i resti di 110 caduti della prima guerra mondiale e di 1.288 caduti della seconda guerra mondiale, di cui 161 rimasti ignoti. In una lapide, inoltre, sono ricordati i 21 marinai caduti nella battaglia navale di Punta Stilo il 9 luglio 1940. Il Sacrario di Cristo Re è rimasto negli anni un luogo particolarmente denso di emozione e grande significato in quanto conserva ancora l’importante storia delle guerre che hanno sconvolto l’intera umanità.
I laghi di Ganzirri
L’etimologia più accreditata fa risalire il nome dell’area alla parola ghadir, cioè stagno. I laghi visibili una volta attraversata tutta la costa del litorale settentrionale della città sono oggi il Pantano Grande (o Lago di Ganzirri) e il Pantano Piccolo (o Lago di Faro). Questo complesso lagunare venne unito attraverso il canale di Margi fatto costruire nella prima metà del 1800 dagli inglesi. Nello stesso periodo furono anche realizzati altri condotti per mettere in comunicazione i due laghi con i mari Tirreno e Ionio, che ancora vengono occasionalmente aperti, soprattutto in estate, per rifornire di ossigeno le acque salmastre. Originati da progressivi insabbiamenti di un’area delimitata da cordoni litorali e plasmata dal moto ondoso marino e dai venti dello stretto, i bacini d’acqua presentano differenti caratteristiche fisico-chimiche. A detenere il primato di salinità e di varietà di specie è il lago di Faro dove vivono orate e anguille e un tempo oltre alle cozze, erano allevate anche ostriche. Nonostante il litorale di Torre faro sia fortemente alterato a causa dell’azione antropica conserva ancora un valore floristico e vegetazionale rilevante, grazie alle numerose specie molto particolari che continuano ad abitarlo, pressoché assenti nel resto della Sicilia, ad esempio la Centaurea deusta, subspecie divaricata che cresce solo in questa zona, Anthemis peregrina, e Hypecoum procumbens della quale rimangono pochi esemplari esclusivamente nell’area di Ganzirri mentre il lago Grande di Ganzirri e il Pantano piccolo hanno perso gran parte della loro vegetazione naturale, ma si rinvengono ancora specie rare come Cynanchum acutum.